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sabato 20 febbraio 2016



Addio a Umberto Eco

 
Tutti conosciamo Umberto Eco anche solo di nome, è stato un autore, un semiologo, un filosofo, un saggista, un romanziere, un professore, un attento e pungente osservatore di tratti e costumi, ricerche d’identità e ideali traditi, delle generazioni dal dopoguerra ad oggi.
Per usare la chiave dei ricordi!
Ci ha suddiviso in "Apocalittici e Integrati", ci ha spiegato perché ci piaceva Mike Bongiorno, ci ha dato indicazioni, da bravo professore, su “Come fare una tesi di laureae via dicendo.
Poi l'esordio in letteratura ed è un esordio col botto, "Il nome della rosa" è l'indiscusso successo editoriale mondiale degli anni '80, dove riesce ad intrecciare magistralmente, la cultura medioevale europea con un avvincente giallo.
Sorgono a fiumi, polemiche e ricerche  infinite, una fra le tante quella sulla famosa frase finale, e la traduzione che a molti non torna “Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus”(cit.). Si consultano antichi vocabolari per poi scoprire che compare fra le frasi fatte! E tutto ciò porta a dire che in Italia probabilmente in quegli anni almeno si leggeva un po' di più!
Negli anni '90 esce "Il pendolo di Foucault"   che non incontra lo stesso successo di pubblico, ma inchioda sulla sedia i suoi estimatori, ed è un’altra sferzante critica, colta e ricchissima di riferimenti storici, filosofici e letterari, alla teoria del complotto di quegli anni,  tra mezze verità, fantomatici gruppi, strani personaggi in cerca d'identità e fantapolitica da salotto, e sembra dirci che di chiacchiere si può morire, anche intorno ad una banale lista della spesa. 
Le sue pubblicazioni sono state tante e non sto qui a citarle tutte e nemmeno la gran parte.
Ogni settimana è presente per anni, sul L'Espresso, con "Le bustine di Minerva" ironiche, critiche, oniriche letture del quotidiano vivere, molto pertinente quella che titola "Come prepararsi serenamente alla morte " del 1997.
Nel 2014 precisamente il 3 gennaio, pubblica sul L'Espresso una lettera che diventa virale sui social e raggiunge come  mai "i nipoti". 
“Caro nipote mio studia a memoria” dove scrive dell’importanza di un uso consapevole del web e  della memoria.
Seguirà "Elogio del Classico" sempre sul L'Espresso dove scrive (...)"Solo chi ha il respiro culturale che può essere offerto da buoni studi classici è aperto all'ideazione, all'intuizione di come andranno le cose quando oggi non lo sia ancora.
In altre parole, vorrei dire che chi ha fatto buoni studi classici, se non è forse capace di fare bene i mestieri esistenti, è più aperto ai mestieri di domani e forse capace di idearne alcuni"(cit...), e anche questo è virale, si moltiplicano risposte e processi al Liceo Classico ed Eco è il più citato.
In ultimo ma non per ultimo, al di là di come la si pensi su di lui, Umberto Eco ha rappresentato molto per la cultura del nostro Paese. E' stato lo spartiacque di più generazioni, aiutandoci forse a capire quello che vivevamo mentre lo vivevamo, risparmiandoci azzardati pronostici o tardive e saccenti analisi postume, esercizio di contenimento molto raro di questi tempi! "La verità è breve tutto il resto è commento" (Il pendolo di Foucault).


Raffaella Massari